06.08
Gianandrea Gaiani
Washington non ha chiesto ancora supporto all’Italia per le operazioni che conduce da alcuni giorni in Libia, la mini-guerra di Barack Obama contro lo Stato Islamico a Sirte impiegando pochi aerei, droni ed elicotteri basati sulla portaelicotteri Wasp e in Giordania.
Eppure a Roma il governo sembra avere una gran fretta di accodarsi alla campagna aerea americana, se non mettendo in campo mezzi militari almeno fornendo le basi ai velivoli statunitensi.
Soprattutto ai droni armati Reaper a cui proprio il governo Renzi aveva imposto che non fossero impiegati sulla Libia in missioni di attacco appena pochi mesi or sono, quando venne rinegoziato l’impiego elle basi americane in Italia.
Cioè siamo pronti dare le nostre basi se questo consentirà agli USA di colpire meglio e più rapidamente l’IS. A illustrare in Parlamento la nuova posizione del governo sono andati invece due sottosegretari, Domenico Rossi per la Difesa e Vincenzo Amendola per la Farnesina.
Le operazioni aeree americane condotte fino ad ora, ha precisato Rossi, “non hanno interessato in alcun modo l’Italia ma il nostro Paese non resta indifferente” e “mantiene aperta una linea di dialogo diretta sia con la controparte libica sia con gli alleati americani per verificare lo sviluppo dell”operazione e le eventuali esigenze di supporto indiretto”.
Le opposizioni erano infuriate per l’assenza dei ministri dall’aula che qualcuno ha interpretato con la volontà di non “metterci la faccia” nel momento in cui l’Italia preme per entrare in guerra, anche se senza combatterla con sue truppe e mezzi.
Eppure la mozione di sostegno alla linea del governo ha avuto 225 voti a favore e 82 contrari.
Un rischio molto più concreto ora anche se finora l’Italia è stata risparmiata dall’offensiva terroristica proprio in virtù della sua “finta” guerra al Califfato, limitata a istruttori per i curdi e aerei e droni disarmati n volo sull’Iraq.
Se in questo modo il governo Renzi cerca protagonismo può anche rassegnarsi: l’intervento di Washington richiesto dal governo di Tripoli ha definitivamente messo l’Europa e l’Italia ai margini della crisi libica con un ruolo del tutto irrilevante.
Il generale Mohamed al Ghasri, portavoce delle forze governative che partecipano all’operazione militare per la liberazione di Sirte ha espresso il favore per l’iniziativa italiana.
Ciò detto è però quasi ridicolo che Roma offra, con il sostegno libico, basi che Washington non ha ancora chiesto.
Quello che occorrerebbe dire chiaramente, meglio se a farlo fossero premier e ministri invece di sottosegretari, è che il passo avanti dell’Italia non sarà a costo zero.
Anzi, pare certo che anche l’Italia pagherà il ruolo bellico più deciso subendo quelle azioni terroristiche che non hanno risparmiato molte Nazioni coinvolte in prima linea nella guerra all’Isis.
Anzi, pare certo che anche l’Italia pagherà il ruolo bellico più deciso subendo quelle azioni terroristiche che non hanno risparmiato molte Nazioni coinvolte in prima linea nella guerra all’Isis.
Temo però che non sia così. Questo non significa necessariamente che Roma debba rinunciare a combattere l’Isis per evitare azioni terroristiche sul territorio nazionale, sarebbe però opportuno che il governo dicesse chiaramente quali decisioni ha assunto e quali rischi ha deciso di correre.
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